Una Nuova Biblioteconomia per una Nuova Epoca
R. David Lankes, Ph.D.
Professor and DeanÕs Scholar on New Librarianship
Syracuse UniversityÕs School of Information Studies
Traduzione di Enrico Francese
Buon pomeriggio. Vorrei per prima cosa ringraziare gli organizzatori della conferenza e l'ambasciata americana per avermi dato l'opportunitˆ di essere qui. Ho avuto la fortuna di visitare l'Italia in diverse occasioni, e ogni volta mi innamoro un po' di pi di questo paese. Riconosco per˜ che c' pi di un semplice oceano a dividerci. La mia esperienza, e quindi la mia visione della biblioteconomia, profondamente influenzata da un'ottica americana. Detto questo, nella nostra realtˆ globalizzata credo che la biblioteconomia, con la sua storia, i suoi valori e la dedizione alla conoscenza che la caratterizzano, crea un legame che travalica i confini. Me ne sono reso conto chiaramente durante gli eventi avvenuti a gennaio: la Primavera Araba e le sommosse in Egitto.
All'inizio del 2011, in seguito al successo della rivoluzione in Tunisia, gli Egiziani scesero in strada per chiedere riforme a un regime governativo che era stato al potere per quasi 30 anni. Mentre gran parte dell'attenzione dei media era concentrata sui manifestanti che occupavano Tahrir Square nella capitale egiziana del Cairo, diverse proteste stavano levandosi nella cittˆ costiera di Alessandria. Qui, come al Cairo, persone di ogni etˆ e provenienti da ogni ceto sociale si erano sollevate per pretendere libertˆ, giustizia ed eguaglianza sociale. In un tentativo di ripristinare la costituzione, quella che a prima vista era sembrata una protesta pacifica si concluse con la morte di 846 persone e di 6000 feriti in tutto l'Egitto.[1] Il 28 gennaio, alle ore 18, dopo che le prigioni furono aperte e assassini e stupratori vennero rilasciati per le strade, tutte le forze di sicurezza si ritirarono. Bande di saccheggiatori si riversarono per le strade, approfittando del caos.
Nella cittˆ portuale egiziana, la violenza e i saccheggi devastarono i palazzi governativi. Dove un tempo c'erano gli uffici, rimanevano solo macerie. I manifestanti andavano da un palazzo governativo all'altro allo scopo di abbattere i simboli diretti del potere corrotto. Alcuni saccheggiatori e dimostranti si diressero poi verso la Biblioteca di Alessandria. Il presidente Mubarak, il bersaglio principale della rivolta, nel 2002 aveva inaugurato questa moderna biblioteca costata circa 220 milioni di dollari. L'aveva costruita per Òricatturare lo spirito di apertura ed erudizione dell'originaleÓ, la famosa Biblioteca di Alessandria, una delle meraviglie dell'antichitˆ.
Quando divenne chiaro che la biblioteca avrebbe potuto essere in pericolo, i manifestanti si presero per mano e circondarono la biblioteca di Alessandria – non per attaccarla, o saccheggiarla, ma per proteggerla. Per tutta la durata delle proteste e delle razzie, i manifestanti – donne, uomini e bambini – rimasero saldi a proteggere la biblioteca, come a riprenderne possesso in nome del popolo. Quando la rivolta potŽ dirsi conclusa – il presidente Mubarak aveva dato le dimissioni, e i manifestanti festeggiavano la loro vittoria per tutto il paese – non un singolo vetro della biblioteca era stato rotto, non una sola pietra era stata lanciata contro le sua mura. PerchŽ nel mezzo di una rivolta per l'abbattimento di un regime la gente di una nazione ha protetto la biblioteca?
PerchŽ?
PerchŽ questa storia, sebbene non in maniera cos“ drammatica, si sta ripetendo dal Regno Unito agli USA? Quando alcune cittˆ statunitensi, di fronte a una devastante crisi economica, ipotizzarono di chiudere diverse biblioteche, i cittadini scesero in piazza. I dimostranti irruppero nei municipi e nei consigli comunali. Ci furono manifestazioni, e a Filadelfia il consiglio comunale arriv˜ al punto di fare causa al Sindaco per evitare la chiusura delle biblioteche di quartiere.
In Kenya stanno costruendo biblioteche pubbliche in tutto il paese, nelle aree rurali come nelle cittˆ. Dove le comunitˆ sono troppo distanti perchŽ vengano eretti degli edifici, hanno costruito carri per i libri – 5000 libri in un carretto di legno trainato da asini. In aree ancora pi remote nel nord del paese, vengono caricate sul dorso dei cammelli casse e tende. Nei villaggi, i carri vengono aperti, e vengono montate le tende per consentire ai bambini e ai genitori di venire a studiare. In questi villaggi, i cammelli sono qualcosa di pi che animali da zoo: costituiscono il principale mezzo di trasporto e di lavoro, forniscono latte, carne e persino i loro escrementi vengono essiccati per alimentare le stufe e le cucine. Ora questo animale fondamentale fornisce un ulteriore servizio vitale – portare la conoscenza alle persone.
Nelle campagne lungo la costa colombiana, Luis Soriano sprona i suoi due asini, Alfa e Beto. Sulla schiena degli asini ci sono dei libri. Luis Soriano, di mestiere maestro elementare, porta un cartello con su scritto ÒBiblioburroÓ. Porta libri ai piccoli villaggi e diffonde l'istruzione per tutto il paese presso bambini che hanno visto troppa violenza e conflitti per la loro etˆ. Ha iniziato con 70 libri. Grazie a varie donazioni la sua collezione cresciuta oltre i 4800 volumi, e ben al di lˆ delle forze dei suoi amici quadrupedi. Adesso la sua collezione ospitata in una stanza che diventata una succursale ufficiale della biblioteca comunale di Santa Maria, a circa 180 chilometri di distanza.[2]
Troviamo biblioteche nei pi bei castelli d'Europa, e fra le proteste di Occupy Wall Street negli Stati Uniti. Le biblioteche vengono accolte allo stesso modo dall'Žlite e dalla gente comune. Troviamo biblioteche nelle giungle e nei deserti; nelle scuole e nelle aziende, nei governi e persino fra le mura del Vaticano affacciate su Roma.
Sembrerebbe che le biblioteche siano universali. Allora come si spiega che con l'avvento del digitale e delle reti ci sono cos“ tante persone che mettono in dubbio il bisogno di biblioteche? Come mai in questa era di Òsocial mediaÓ e partecipazione, cos“ tanti nella professione si sentono minacciati? E' arrivata per le biblioteche l'ora di cedere il passo? Vi devo dire che siamo noi, i bibliotecari, a essere in gran parte responsabili della situazione in cui ci troviamo. Oggi vorrei discutere di due ragioni per le quali io credo che siano stati i bibliotecari stessi a mettere in crisi il campo della biblioteconomia. Una ragione legata a un nostro fallimento; l'altra invece a un grande successo al quale noi stessi abbiamo contribuito. Eppure entrambe significano la fine delle biblioteche come le conosciamo oggi.
Il grande fallimento della biblioteconomia che troppi bibliotecari definiscono la disciplina attraverso le sue funzioni. Siamo bibliotecari perchŽ cataloghiamo. I bibliotecari fanno ricerche nei database. I bibliotecari sono persone che raccolgono e conservano libri. Lo vediamo nel modo in cui organizziamo noi stessi. Non siamo pi semplicemente bibliotecari, siamo bibliotecari accademici, bibliotecari specialistici, system-librarians. Abbiamo preso i sistemi di classificazione riduzionista che abbiamo sempre usato per i nostri libri, e li abbiamo applicati su di noi. Il risultato una frammentazione conflittuale di competenze e di prioritˆ. In questa frammentazione ci poniamo l'uno contro l'altro. Invece di vedere positivamente l'assunzione di un nuovo bibliotecario, vediamo l'assunzione di un bibliotecario di reference come un posto in meno per un nuovo catalogatore, o per un bibliotecaro specializzato, o per qualche altro ruolo di qualche altra divisione.
E c' di peggio. Una volta che inizi a definirti in base a quello che fai, nuovi modi di fare le cose diventano una minaccia. O peggio ancora, se c' giˆ qualcuno che si occupa di cose simili, si crea una competizione. Google una minaccia perchŽ indicizza il mondo senza usare la catalogazione descrittiva. Quindi noi cerchiamo di liberarcene perchŽ non permette di compiere ricerche combinate e, va da sŽ, non esegue alcun controllo di autoritˆ. Amazon una minaccia perchŽ ti procura dei libri. Peggio ancora, permette alla gente di prenderli in prestito sul loro Kindle.
E qual la nostra risposta a queste cosiddette minacce? Abbiamo costruito un nuovo Google, noi bibliotecari, o una nuova piattaforma di ebook? No; abbiamo invece iniziato a usare anche noi Google e Amazon, perchŽ alla fine funzionano, fanno il loro dovere. Non ha importanza che Google sia la pi grande agenzia pubblicitaria del mondo, e Amazon sia ormai in grado di estrarre i dati dei nostri membri allo scopo di trasformarli in futuri clienti. PoichŽ leggiamo il mondo secondo ÒfunzioniÓ, in termini di minacce e competizione, non affrontiamo i nuovi attori come degli alleati, nŽ lavoriamo efficacemente per insediare i nostri valori all'interno dei loro servizi. Noi invece usiamo le funzionalitˆ che ci sembrano migliori, e ci limitiamo a consumarle, ignari del costo che questo ha per noi e per coloro che serviamo.
Vi prego, non fraintendetemi: anch'io uso Google e Amazon. Anch'io uso Facebook e Twitter. Questi strumenti hanno un grande valore per la nostra professione e i nostri membri. Tuttavia, ognuno di questi pu˜ essere migliorato da una collaborazione con le biblioteche. Come noi possiamo imparare molto su nuovi modi di trovare informazione o di confezionare il contenuto, cos“ loro possono imparare dai nostri 3000 anni di rapporti con la comunitˆ e dal nostro sistema di valori. Tuttavia, questo accadrˆ solamente se siamo aperti a una vera collaborazione, e se veniamo visti come validi alleati. Se invece veniamo visti come isolati e fermi in funzioni del passato, perchŽ mai loro dovrebbero voler collaborare con noi?
Quindi, qual'era quel nostro grande successo che ci si ritorto contro? é questa cultura partecipativa in cui stiamo vivendo. Tutto intorno a noi la gente si sta organizzando. I cittadini stanno reclamando un posto nelle decisioni delle societˆ come dei governi. Abbiamo giˆ visto, in Tunisia e in Egitto, il potere che acquistano i cittadini quando sono connessi fra loro; l'Italia sta vedendo direttamente gli effetti del potere del networking in Libia. Il movimeno ÒOccupy Wall StreetÓ che partito nel mio paese si ora diffuso nelle strade di Roma. Con i telefoni cellulari e il web, la voce delle persone ora amplificata, cos“ come il loro desiderio di partecipazione.
Che cosa ha a che fare tutto questo con le biblioteche? PerchŽ dico che ci si ritorto contro? Perch le stesse persone che abbiamo cercato di educare e assistere adesso stanno tentando di dire la loro sul modo in cui noi gestiamo i servizi. Negli Stati Uniti e in Scandinavia, i membri delle biblioteche mirano a una partecipazione senza precedenti nel modo in cui gestiamo i servizi. Sar˜ franco – la reazione di molti bibliotecari mi ha sconcertato. Questo il mondo che abbiamo chiesto. Questo il mondo per cui abbiamo lavorato. PerchŽ promuovere la cultura se non accettiamo il contributo a quella cultura? PerchŽ fornire informazioni se non per una partecipazione informata? PerchŽ educare se non per divulgare? PerchŽ quando sposiamo i valori e la virt del potere, siamo poi sorpresi se il pubblico usa il suo potere per plasmare un destino che anche nostro? E dal momento che abbiamo concentrato i nostri sforzi sul potere dell'individuo prima che delle istituzioni – lo studioso alla ricerca della veritˆ, lo studente alla ricerca della saggezza, la madre alla ricerca di una vita migliore per i suoi figli – perchŽ siamo sorpresi se queste stesse persone iniziano a mettere in dubbio il bisogno di tutte queste istituzioni, compresa la nostra?
S“, signore e signori, le biblioteche come le conosciamo noi sono spacciate. Hanno ragione quelli che ci definiscono antiquati e obsoleti. Non c' alcun modo di mantenere in vita un'istituzione dedicata alle collezioni fisiche, alla catalogazione descrittiva, e una professione dedicata alla manutenzione.
A questo punto vi starete probabilmente chiedendo che razza di professore sono. PerchŽ mi hanno invitato, e perchŽ mi permettono di insegnare ai bibliotecari del futuro? Forse, tuttavia, vi siete accorti dell'uso che faccio dell'espressione Òle biblioteche come le conosciamoÓ, e avete visto il titolo di questo intervento. é arrivato il momento di spostare il discorso verso quella che per me la strada verso una nuova biblioteconomia. E avete ragione, io credo che il futuro delle biblioteche sia senz'altro luminoso, ma tutt'altro che scontato, e tutt'altro che una strada facile. é una strada che richiede un'azione personale radicale. Sar˜ anche onesto con voi: una strada nella quale io ho grande fiducia nella professione dei bibliotecari, ma meno fiducia nelle istituzioni che oggi chiamiamo biblioteche.
La strada verso questa nuova biblioteconomia consiste nell'alzare le aspettative. Torniamo per un attimo alle storie con cui ho iniziato. Ad Alessandria, in Kenya e in Colombia troviamo persone eccezionali. Il potere della biblioteca non sta nell'architettura o nelle collezioni. Nessun abitante del Kenya ha trovato una qualche grandiosa ispirazione sul dorso di un cammello o di un asino. Il potere stava nell'idea e nel bibliotecario che venivano incontro. Ad Alessandria, in Kenya e in Colombia i bibliotecari non restavano indietro ad aspettare un'occasione per essere d'aiuto, ma individuavano i problemi e cercavano attivamente un modo per risolverli. I bibliotecari non vedevano se stessi come neutrali fonitori dell'informazione, ma come agenti di cambiamento sociale.
Diversi anni fa ho scritto un pezzo sulla biblioteca come conversazione. Alcuni di voi forse lo conoscono: era un lavoro con cui tentavo di spiegare l'esplosione dei social media e il loro potenziale impatto nel campo della biblioteconomia. In quel pezzo ho scritto che le persone stavano usando i social network per creare spazi di apprendimento. Che le nostre comunitˆ cercavano di piegare i sistemi che usavano allo scopo di creare e acquisire conoscenza. Da allora ho approfondito queste idee e ho lavorato con le biblioteche e altre organizzazioni per testarle. Quello che venuto fuori una nuova biblioteconomia basata non sugli artefatti, i libri e l'architettura, ma sull'apprendimento e la conversazione.
C' un assunto non dichiarato al cuore di questo discorso: che tu non sia un utente, o un consumatore. Tu sei una persona che vuole imparare; hai il controllo dell'ambiente circostante, e hai la capacitˆ di modificarlo. Coloro che voi cercate di servire, che io chiamo Òi nostri membriÓ, ma voi potete anche chiamare il vostro pubblico, non sono solo utenti o consumatori, sono parte della vostra biblioteca, e ne rappresentano il nucleo.
Corinne Hill, la direttrice della Dallas Public Library parlava di come stava riorganizzando le sue biblioteche Òdispondendo gli spazi collabortivi al centro, e i libri lungo le pareti, come opere d'arteÓ. Qualcuno negli USA pu˜ leggere queste dichiarazioni come riduttive, come se si volesse minimizzare il potere dei libri a mero elemento decorativo; ma qui a Roma sappiamo tutti che l'arte molto di pi che un elemento decorativo. L'arte serve a ispirare, a educare, a provocare, a dare corpo alla cultura e alla storia. I libri nelle nostre biblioteche, le risorse elettroniche, le pagine web, i fondi antichi e rari, non sono l“ per stare semplicemente chiusi in casseforti protette, bens“ per ispirare, educare e provocare conversazioni e apprendimento. I vostri libri, i vostri edifici e i vostri servizi non valgono nulla se non vengono utilizzati. Non solo: il semplice uso non basta. Non valgono niente se non aiutano le comunitˆ ad apprendere, e a compiere decisioni migliori. Il valore dei vostri manoscritti non risiede nelle pagine e nell'inchiostro, ma nella lettura, nell'applicazione e nell'immaginazione dei vostri membri.
Al cuore di questa nuova biblioteconomia c' anche la riaffermazione di quella che io vedo come una missione molto antica e duratura. La missione dei bibliotecari consiste nel migliorare la societˆ facilitando la creazione della conoscenza presso le loro comunitˆ. Vorrei inoltre far notare un paio di cose su questa missione. La prima che la missione dei bibliotecari – delle persone – voi. Le biblioteche come istituzioni sono il prodotto di persone e professionisti. Non sono altro che astrazioni incapaci di fare alcunchŽ di concreto, o edifici con il solo potere di esercitare la gravitˆ e riparare dalla pioggia. é il bibliotecario che rende possibili queste cose. In questi tempi di digitalizzazioni di massa e networking, voi siete la sola, unica risorsa in ascesa all'interno della biblioteca. Questo significa che siete voi ad avere la responsabilitˆ decisiva dell'impatto della biblioteca.
Quando la Chiesa controllava le biblioteche in Italia, erano delle persone a decidere cosa andava pubblicato e cosa era da considerare eresia, non gli edifici. Quando il fascismo si afferm˜ qui, e nel resto del mondo, erano delle persone a censurare le collezioni e a tentare di limitare il pensiero, non gli edifici. Le persone contano – voi contate. Questo significa anche che dovete assumervi la responsabiltˆ di questo potere, dell'impatto e del futuro della vostra biblioteca. Nessun edificio pu˜ garantire la libertˆ o l'accesso all'informazione. Nessun edificio pu˜ proteggere la privacy dei membri della comunitˆ. Nessun edificio o libro o manoscritto pu˜ dedicare se stesso al miglioramento dell'individuo o della societˆ. Questo il vostro lavoro. Questo il vostro lavoro a Roma, a Firenze, in Italia, in Europa, in tutto il mondo. Questa la missione dei bibliotecari – ispirare e informare al fine di migliorare le proprie comunitˆ.
All'inizio del mio intervento ho parlato delle persone che nel Regno Unito o in USA si sono mobilitate contro la chiusura delle biblioteche. Quello che non ho detto che ci sono comunque molte biblioteche che sono state chiuse. Ci sono biblioteche che hanno chiuso i battenti senza che si levasse un alito di protesta. PerchŽ? PerchŽ i bibliotecari di queste comunitˆ erano incapaci di connettersi ai loro membri e a dimostrare il loro valore. Un edificio non basta, una collezione non basta, un titolo professionale non basta. Se le biblioteche avranno un futuro radioso, deve essere perchŽ i bibliotecari hanno una visione coerente di quel futuro, e sono capaci di coinvolgere le loro comunitˆ con l'importanza di quella visione.
Francamente mi lascia sempre perplesso vedere come alcuni bibliotecari reagiscono al principio di Òmigliorare la societˆÓ. Mi dicono: Òma chi siamo noi per dire alla comunitˆ come migliorare?Ó o Òchi ha dato ai bibliotcari il diritto di influenzare la comunitˆ?Ó. Temono lo spettro di una specie di bibliotecario autoritario che detta legge in materia di gusto o di veritˆ presso i nostri vicini, studenti, rappresentanti. In realtˆ, non colgono il punto.
Il punto non che i bibliotecari dettino legge presso la comunitˆ, quanto piuttosto che ascoltino la comunitˆ, e insieme ad essa decidano che cosa contribuisce a rendere un domani migliore. Nella conversazione su che cosa significhi il miglioramento - la converszione pi importante che possiamo fare - una comunitˆ discute su quello che intende per miglioramento. Inoltre, i bibliotecari di quella comunitˆ – anch'essi parte della comunitˆ, e quindi con voce in capitolo – sono allo stesso modo influenzati dalla conversazione alla quale cercano di dare forma. Sono portati ad organizzare se stessi e i loro servizi secondo le norme e i bisogni della comunitˆ. Inoltre indirizzano la conversazione cercando di preservare i valori base della nostra professione sviluppata attraverso pi di 3000 anni di storia. Dobbiamo sostenere l'importanza dell'apertura delle idee; la privacy dell'individuo nell'affrontare queste idee; la convinzione che le idee migliori provengono dalle fonti d'informazione pi ricche e diverse; l'importanza dell'apprendimento.
Alcuni avranno forse notato che non ho incluso il concetto di imparzialitˆ. Questo perchŽ non si pu˜ essere imparziali, nŽ privi di preconcetti, di ÒbiasÓ. Come esseri umani, instilliamo i nostri valori, i nostri ÒbiasÓ, e la nostra stessa visione del mondo in tutto ci˜ che facciamo. Il linguaggio che usate, il colore della vostra pelle, il posto in cui siete cresciuti, la vostra educazione, tutto influenza il modo in cui vedete il mondo e interagite con esso. Non siete imparziali. Come bibliotecari crediamo che la privacy sia essenziale – un preconcetto. Come bibliotecari crediamo che pi punti di vista su un argomento sono meglio di pochi – un preconcetto. Crediamo, spero, che i bibliotecari e le biblioteche svolgano un ruolo vitale in una democrazia. Anche questo un preconcetto. Non possiamo essere imparziali e privi di preconcetti, ma possiamo essere intellettualmente onesti.
Prendete le scienze. Io sono un Òinformation scientistÓ, uno Òscienziato dell'informazioneÓ. Gli scienziati non solo hanno riconosciuto che abbiamo tutti dei ÒbiasÓ, ma hanno anche trovato una misura per quantificare questi preconcetti. Eppure, la gente guarda ancora alla scienza come un metodo adatto ad osservare il mondo. PerchŽ? Non perchŽ gli scienziati, in quanto persone, siano oggettivi e neutrali, ma perchŽ gli scienziati hanno sviluppato, insieme a determinati strumenti, un'etica di onestˆ intellettuale. Come scienziato, riconosco che i miei metodi possano avere dei difetti, cos“ li sottopongo a un riesame. Riconosco che la mia interpretazione dei dati possa essere sbagliata, per questo pubblico i miei risultati. La scienza conosce la differenza fra imparzialitˆ e trasparenza. Come bibliotecari, dobbiamo anche noi fare nostra questa distinzione.
Parlando di scienza, devo fare una precisazione a proposito di un equivoco ancora piuttosto diffuso. La scienza non qualcosa di freddo. Essere un bravo scienziato non significa spegnere le emozioni ed avvolgersi in un'aura di oggettivitˆ. La scienza e la conoscenza hanno a che fare con la passione e la determinazione. Nella scienza significa un'urgenza di comprensione, spiegazione, veritˆ. Nella biblioteconomia il perseguimento di un servizio e del miglioramento della comunitˆ. Nella scienza e nella biblioteconomia noi ci facciamo carico di questa passione, di questa missione, e cerchiamo di usare strumenti e metodi oggettivi e imparziali, non per escludere le passioni, ma per essere sicuri che le prove che usiamo nella nostra ricerca siano accurate e credibili.
Questa quindi , almeno in parte, una risposta alla prima delle minacce alla biblioteconomia – la visione ÒfunzionaleÓ. Per troppi di noi, e per troppo tempo, la nostra nobile professione coincisa soltanto con i nostri strumenti. Attivitˆ come la catalogazione, o come lo sviluppo delle collezioni, sono meri strumenti tanto quanto il catalogo e le collezioni. Uno strumento senza uno scopo non ha senso. é solo quando i nostri strumenti vengono utilizzati che acquistano valore. Di conseguenza, mentre gli strumenti sono importanti, la vera definizione della nostra professione, o di qualunque professione, sta nel loro impatto e nel loro utilizzo. Dobbiamo definire noi stessi tramite i nostri obiettivi. Non siamo ÒorganizzatoriÓ, siamo ÒfacilitatoriÓ. Non siamo ÒcollezionistiÓ, ma siamo coloro che conducono a nuove idee. Gli edifici, i libri, e i processi sono utili solo quanto la nostra capacitˆ di migliorare le nostre societˆ, di renderle pi consapevoli. Che cos' un bibliotecario? Qualcuno che combatte in nome di una civiltˆ istruita e informata come componente necessaria della democrazia. Che cos' un bibliotecario? Un esperto mediatore che aiuta studenti, professori, uomini d'affari e politici a compiere decisioni migliori. Come lo fa? Oggi attraverso le collezioni, domani non si sa.
Ho parlato anche di un grande successo che finirˆ col condannare la biblioteconomia come la conosciamo oggi. Quel successo la partecipazione, e la convinzione che le comunitˆ che serviamo abbiano voce in capitolo su come noi facciamo il nostro lavoro. Come incorporiamo tutto questo in una nuova biblioteconomia? Per rispondere a questa domanda devo raccontarvi una storia.
L'anno scorso ho avuto la fortuna di visitare le cittˆ medievali della Toscana e dell'Austria. Un tempo tutte queste erano cittˆ-stato, e la loro architettura era simile dappertutto. Quando furono costruite, erano tutte cinte da mura. Erano state costruite in un'epoca in cui, per conservare la propria identitˆ in quanto comunitˆ, c'era bisogno di costruire spessi muri per tenere fuori gli invasori. Cittˆ dopo cittˆ, fortezza dopo fortezza, tutte miravano a essere autosufficienti e inespugnabili. Oggi tutte queste cittˆ che ho visitato sono ancora l“, e hanno tutte mantenuto la loro identitˆ. Eppure le mura sono state abbattute, o le porte allargate. Con il tempo, queste cittˆ hanno capito che la strada verso la prosperitˆ stava negli scambi. Stava nel costante flusso di commercio e di cultura dentro, fuori e attraverso la cittˆ. Man mano che questi scambi crescevano, la difesa principale non era pi garantita dalle mura, ma da un reciproco interesse. Nessuno voleva aggredire un potenziale alleato commerciale. La difesa non stava nell'isolamento, ma nelle relazioni. Roma, Firenze e Salisburgo oggi sono grandi cittˆ. Crescono e prosperano grazie agli scambi, al turismo e alla ricerca. Prosperano perchŽ hanno abbattuto le loro mura.
Ora, guardate alle vostre biblioteche. Quanto sono spessi i vostri muri? Magari non sono fatti di pietra e calce, ma di pratiche e regolamenti. Quanto benvenuta la comunitˆ dentro le vostre fortezze? Quanto siete interconnessi con le comunitˆ circostanti? La nuda veritˆ, che con l'avanzamento della tecnologia abbiamo bisogno di sempre meno spazio per fare il nostro lavoro. Dobbiamo cedere questo spazio alla comunitˆ per lo scambio di idee. é solo entrando in contatto con il nostro pubblico, le nostre facoltˆ, le nostre compagnie, le nostre chiese, e il nostro governo, che noi diventiamo pi essenziali. Se volete un futuro migliore per le vostre biblioteche, non lo troverete nei vostri scaffali. Solo spalancando porte e finestre e invitando il mondo a entrare in biblioteca possiamo garantire un posto per la nostra professione.
In tutto il mondo vediamo i bibliotecari uscire dalla biblioteca. I bibliotecari vanno dove ci sono le conversazioni, vanno nei posti in cui c' bisogno di loro. I bibliotecari siedono nelle riunioni d'affari. I bibliotecari girano insieme ai medici e siedono nei team legali nei tribunali. Come negli esempi con cui ho iniziato il mio intervento, i bibliotecari usano cammelli e asini per venire incontro ai bisogni delle loro comunitˆ, lˆ dove la comunitˆ ha bisogno di loro. Nelle universitˆ, i bibliotecari vanno al di lˆ delle loro mura monitorando i feed di Twitter provenienti dalle lezioni allo scopo di offrire reference immediato. I bibliotecari pubblicano collezioni di immagini su Flickr per coinvolgere le comunitˆ e arricchire le collezioni con storie e ricordi. I bibliotecari si fanno vedere, di persona e online, lˆ dove c' bisogno di loro; non stanno ad aspettare che qualcuno venga a trovarli. Cos“ facendo dimostrano il loro valore, e acquistano maggiore supporto dalla comunitˆ. Diventano anche una potenziale minaccia per il valore a lungo termine dell'istituzione.
All'universitˆ di Syracuse, NY, addestriamo i bibliotecari a supportare l'eScience. I bibliotecari partecipano ai laboratori e ai team di ricerca per aiutarli a organizzare i dati scientifici e coordinare la comunicazione fra i ricercatori. Non riusciamo a prepararne abbastanza per queso scopo. Questi ÒeScience librariansÓ vengono assunti altrove, di solito prima della laurea. Non vengono assunti dalle biblioteche, ma da istituti di ricerca universitari. E molti di questi istituti si trovano all'interno di universitˆ che hanno biblioteche. Vedremo mai il giorno in cui questa sarˆ la norma anzichŽ l'eccezione? Quando le preziose competenze dei bibliotecari saranno assorbite dall'industria, e le istituzioni che i bibliotecari hanno gestito nel corso dei secoli semplicemente spariranno? Non faccio fatica a immaginarlo. Non credo nemmeno che sia una cosa negativa.
Se, invece, per voi lo ; se vedete l'istituzione come qualcosa di importante, allora dovete aggiungere valore. Siete in grado di creare, all'interno della biblioteca, un servizio di eScience che gestisca queste competenze per i laboratori? Siete in grado di aggiungere valore coordinando i bibliotecari ÒitinerantiÓ? Siete in grado di fornire costante e continuo aggiornamento ai professionisti bibliotecari indipendentemente da dove si trovino? Se non cos“ – se vedete la missione della vostra biblioteca semplicemente nell'essere pronti ad assistere coloro che entrano in biblioteca – allora, secondo me, vi aspetta un futuro molto pi arduo.
S“, la biblioteca di oggi spacciata. Possiamo piangerla, o possiamo festeggiare il fatto che ci ha preparati per il domani. Se uscite da qui, alla fine di questo mio intervento, credendo che io non dia valore alla catalogazione, ai libri, o agli edifici, non sono stato abbastanza chiaro. Tutte queste cose hanno avuto valore in quanto ci hanno portati fino a oggi. Tuttavia, il loro valore passato non deve dettare il loro valore futuro. Dobbiamo mettere costantemente in discussione ci˜ che facciamo, non per cercare colpe e difetti, ma per testarne la robustezza. Se un servizio aggiunge valore, lo manteniamo. Se non lo fa, celebriamo il suo passato e andiamo avanti. La missione, e i nostri valori, perdurano; gli strumenti e le attivitˆ che impieghiamo per compiere questa missione cambiano con il tempo.
Io vedo un luminoso futuro per i bibliotecari. Un futuro in cui i bibliotecari possono aiutare il mondo a lenire i suoi mali, non semplicemente intrattenerlo. Dove i bibliotecari aiutano le comunitˆ a tirarsi fuori dalla morsa del debito, e dalla morsa ancora pi stretta dell'intolleranza. Dove i bibliotecari non documentano le loro comunitˆ, ma le trasformano. Signore e signori, dobbiamo pretendere di pi da noi stessi e dalle nostre biblioteche. Dobbiamo insegnare alle nostre comunitˆ a pretendere di pi da loro stesse. Dobbiamo, con la nostra azione, dimostrare alla comunitˆ che non basta un edificio con dei libri. Che nessuna comunitˆ dovrebbe mai essere soddisfatta di una biblioteca mediocre, o di bibliotecari che aspirano a identificarsi solo con le loro mansioni, e non con la responsabilitˆ di rendere il mondo un posto migliore.
Che cosa ci aspetta, non sono in grado di dirlo. Che aspetto avrˆ la conversazione sul futuro delle biblioteche qui in Italia, o nel resto del mondo? Sarˆ accesa? Polemica? Rassegnata? Silenziosa? Indifferente? Non lo so. So solo che se vi limitate ad aspettare che succeda, o che finisca, non accadrˆ mai. Se rimanete ai margini, come potete aspettarvi che altri si buttino nella mischia? Se ve ne state tranquilli con le vostre critiche e i vostri commenti, abdicate al futuro. Lasciatemelo dire un'altra volta: scegliendo di non partecipare alla conversazione sul futuro delle biblioteche, abdicate alla possibilitˆ di darvi forma.
Dewey, Cutter e Ranganathan, hanno tutti creato un'ereditˆ che, chiamandoci noi bibliotecari, siamo chiamati a custodire e rappresentare. Questa ereditˆ deve essere rispettata e tramandata, non solo messa su un piedistallo e venerata. Questi giganti, sulle cui spalle stiamo noi ora, non hanno mai visto il campo come finito, immutabile, inerte. Diversamente da alcune belle sculture o da grandiose opere d'architettura, noi preserviamo l'ereditˆ di questi bibliotecari abbattendo costantemente la convenzione in favore dell'efficienza, la struttura in favore dell'efficacia, e gli assunti passati in favore del successo futuro.
Siate orgogliosi della vostra ereditˆ di bibliotecari. La nostra un'antica e nobile professione che pu˜ contare fra i suoi membri rivoluzionari, missionari, insegnanti e molto altro. Hanno dato inizio per voi a una meravigliosa conversazione piena di storia e ricchezza. Hanno inciso questa conversazione nei nostri valori, nelle nostre istituzioni, e nella nostra formazione. Ma non hanno completato l'opera, nŽ hanno terminato la conversazione. L'hanno lasciata aperta per voi, per coloro a cui voi insegnate, e per coloro a cui questi insegneranno a loro volta. La conversazione della biblioteconomia viva, ed in attesa della vostra voce.
Grazie.
[2] see http://en.wikipedia.org/wiki/BiblioburroHYPERLINK "http://en.wikipedia.org/wiki/Biblioburro" http://en.wikipedia.org/wiki/Biblioburro, http://www.nytimes.com/2008/10/20/world/americas/20burro.html